Fisica del Globo. Considerazioni sui vulcani; del sig. A. De Humboldt. I fenomeni vulcanici non appartengono, nello stato attuale delle nostre cognizioni, alla sola Geognosia: considerati nell’insieme delle loro relazioni, eglino sono uno degli oggetti i più importanti della fisica del globo. I vulcani accesi, a quanto sembra, sono l’effetto di una permanente comunicazione fra l’interno della terra in fusione e l’atmosfera che avvolge la crosta indurita ed ossidata del nostro pianeta. Gli strati di lave zampillano come sorgenti intermittenti di terre liquefatte; i loro sovrapposti nappi, sembra che ripetano sotto gli occhi nostri sur una piccola scala, la formazione delle rocce cristalline delle diverse età. Su la creta delle Cordilliere del Nuovo-Mondo, come nel sud dell’ Europa, e nell’ ouest dell’ Asia, si manifesta un’ intima unione fra l’azione chimica de’ vulcani propriamente detti, di quelli che producono le rocce, perchè la loro forma, e la loro posizione, cioè la menoma elevazione della loro sommità o cratere, ed il menomo spessore de’ loro lati (non rafforzati da piani) permettono l’ uscita alle materie terrose in fusione, con le salse o vulcani di fango dell’ America del Sud, dell’ Italia, della Tauride, e del mar Caspio, lanciando primieramente de’ massi (de’ grandi pezzi di rocce), delle fiamme e de’ vapori acidi; poi, in un altro stadio più calmo e troppo esclusivamente descritto vomitando delle argille fangose, della nafta e dei gaz irrespirabili (dell’idrogene mescolato all’acido carbonico, ed all’ azoto purissimo). L’azione de’ volcani propriamente detti manifesta questa stessa unione, con la formazione ora lenta, ora violenta, di banchi di gesso e di sal gemma anidro, racchiudendo il petrolio, l’idrogene condensato, il ferro zolforato e talvolta (a Rio-Huallaga delle Ande del Perù) delle masse considerabili di galena; con l’origine delle sorgenti termali; con l’ aggruppamento de’ metalli depositati in diverse epoche, dal basso in alto, ne’ filoni, negli ammassi (Stockwerke), e nella roccia alterata, che avvicina le crepature metallifere; con i terremoti, i cui effetti non sono sempre unicamente dinamici, ma che sono accompagnati talvolta da fenomeni chimici, di svolgimenti di gaz irrespirabili, di fumo e di fenomeni lominosi; finalmente, coll’ istantanci innalzamenti o lentissimi o solamente percettibili dopo lunghi periodi, di alcune parti della superficie del globo. Questa intima connessione fra tanti e si diversi fenomeni, questa considerazione dell’ azione vulcanica come azione dell’interno del globo su la sua esterna crosta, su li strati solidi che l’avvolgono, ha illuminato, in questi ultimi tempi, un gran numero di problemi geognostici e fisici, che sembrarono finora non suscettivi di soluzione. L’analogia de’ fatti bene osservati, l’ esame rigoroso de’ fenomeni che si presentano ai nostri sgnardi nelle differenti regioni della terra, cominciano a condurci progressivamente a indovinare (non precisando tutte le condizioni, ma considerando l’ insieme del modo d’azione) ciò che si è passato a quelle epoche remote, che hanno preceduto i tempi istorici. La vulcanicita, cioè, l’influenza che esercita l’interno di un pianeta sul suo esterno inviluppo ne’ differenti stadj del suo raffreddamento, a causa dell’ineguaglianza di aggregazione (di fluidità e di solidità), nella quale si trovano le materie che la compongono, quest’azione dal di dentro al di fuori (se cosi posso esprimermi) è ora molto indebolita, ristretta a un piccolo numero di punti, intermittente, meno spesso spostata, molto semplificata ne’ suoi effetti chimici, non producendo delle rocce che in giro a piccole aperture circolari o sovra crepature longitudinali di poca estensione, non manifestando la sua potenza, a grandi distanze, che dinamicamente, scuotendo la crosta del nostro pianeta nelle direzioni lineari od in estensioni (circoli d’oscillazioni simultanee) che rimangono le stesse per un gran numero di secoli. Ne’ tempi che hanno preceduto l’esistenza della razza umana, l’azione dell’interno del globo su la crosta solida che aumentava di volume, ha dovuto modificare la temperatura dell’ atmosfera, rendere il globo intero abitabile alle produzioni, che si deggiono riguardare come tropicali, da che, per l’effetto dell’irradiamento, del raffreddamento della superficie, i rapporti di posizione della terra con un corpo centrale (il sole) hanno cominciato a determinare quasi esclusivamente la diversità delle latitudini geografiche. Fu altresì in questi primitivi tempi che i fluidi elastici, le forze vulcaniche dell’interno più possenti forse, che si facevano strada più facilmente a traverso la crosta ossidata e solidificata, hanno crepolata questa crosta, ed intersecata, non solo per filoni (dikes), ma per masse molto irregolari di forma, di materie di una grande densità (basalti ferraginosi, melafiri, ammassi di metalli), materie che si sono introdotte dopo che la solidificazione e lo stiacciamento del pianeta, erano già determinate. L’acceleramento che provano le oscillazioni del pendolo su molti punti della terra presentano soventi, per questa causa geognostica, delle ingannevoli apparenze di un stiacciamento maggiore di quello che risulta da una ragionata combinazione delle misure trigonometriche e della teoria dalle ineguaglianze lunari. L’epoca delle graudi rivoluzioni geognostiche è stata quella in cui le comunicazioni fra l’interno fluido del pianeta e la sua atmosfera erano più frequenti, agendo sur un maggior numero di punti, ove la tendenza a stabilire queste comunicazioni ha fatto sollevare, a differenti età, nelle diverse azioni (verisimilmente determinate per la diversità di queste epoche), su lunghe crepature, delle Cordilliere, come l’Himalaya e le Ande, delle catene delle montagne di una minore elevazione, e quelle grinze, od impedimenti, le cui ondulazioni abbelliscono il paese di nostre pianure, ecc., ecc.