Digitale Ausgabe

Download
TEI-XML (Ansicht)
Text (Ansicht)
Text normalisiert (Ansicht)
Ansicht
Textgröße
Originalzeilenfall ein/aus
Zeichen original/normiert
Zitierempfehlung

Alexander von Humboldt: „Delle genti che si nutriscono d’argilla“, in: ders., Sämtliche Schriften digital, herausgegeben von Oliver Lubrich und Thomas Nehrlich, Universität Bern 2021. URL: <https://humboldt.unibe.ch/text/1807-Ueber_die_erdefressenden-29-neu> [abgerufen am 25.04.2024].

URL und Versionierung
Permalink:
https://humboldt.unibe.ch/text/1807-Ueber_die_erdefressenden-29-neu
Die Versionsgeschichte zu diesem Text finden Sie auf github.
Titel Delle genti che si nutriscono d’argilla
Jahr 1851
Ort Mailand
Nachweis
in: Annali di chimica applicata alla medicina: cioè alla farmacia, alla tossicologia, all’igiene, alla fisiologia, alla patologia e alla terapeutica 3:12:3 (1. März 1851), S. 166–173.
Sprache Italienisch
Typografischer Befund Antiqua; Auszeichnung: Kursivierung, Kapitälchen; Fußnoten mit Ziffern; Schmuck: Initialen.
Identifikation
Textnummer Druckausgabe: II.58
Dateiname: 1807-Ueber_die_erdefressenden-29-neu
Statistiken
Seitenanzahl: 10
Zeichenanzahl: 11751

Weitere Fassungen
Ueber die erdefressenden Otomaken (Stuttgart; Tübingen, 1807, Deutsch)
Ueber die erdefressenden Otomaken (München, 1807, Deutsch)
Sur les peuples qui mangent de la terre (Paris, 1808, Französisch)
Dei Popoli che mangiano terra (Mailand, 1808, Italienisch)
Berigt Aangaande Zekere Volken, die Aarde Eten (Haarlem, 1808, Niederländisch)
Sur les Peuples qui mangent de la Terre (London, 1808, Französisch)
Sur les peuples qui mangent de la terre (Brüssel, 1808, Französisch)
Die Gewohnheit der Indianer Erde zu essen (Hamburg, 1808, Deutsch)
Die Gewohnheit der Indianer, Erde zu essen (Berlin, 1808, Deutsch)
Gummi und Erde genießende Völker (Basel, 1809, Deutsch)
Sur les peuples qui mangent de la terre (Paris, 1809, Französisch)
Account of the Ottomacs, a People who eat Clay (Edinburgh, 1810, Englisch)
Sur les peuples qui mangent de la terre (Köln, 1810, Französisch)
An Account of The Ottomans, who eat clay (Lancaster, 1810, Englisch)
An Account of the Ottomacs, who eat clay (London, 1810, Englisch)
Отрывокъ изъ Обозрѣнiя степей, соч. славнаго Путешественника Гумбольдта [Otryvok iz Obozrěnija stepej, soč. slavnago Putešestvennika Gumbolʹdta] (Moskau, 1818, Russisch)
Die Otomaken oder Erde fressenden Menschen in Cumana und Caraccas (Brünn, 1818, Deutsch)
Die Otomaken oder erdefressenden Menschen in Cumana und Caraccas (Wien, 1818, Deutsch)
M. de Humboldt (Paris, 1823, Französisch)
Отомаки, питающiеся землею и камедью [Otomaki, pitajuščiesja zemleju i kamedʹju] (Sankt Petersburg, 1834, Russisch)
Feeding upon Earth (Manchester, 1849, Englisch)
Aard-Eters (Amsterdam, 1849, Niederländisch)
Das Erdessen der Indianer (Stuttgart, 1852, Deutsch)
Aard-eters (Zierikzee, 1850, Niederländisch)
Earth-eating Indians (Ennis, 1850, Englisch)
Earth-eating Indians (Hereford, 1850, Englisch)
Des populations se nourrissant de terre glaise (Paris, 1851, Französisch)
Clay-Eaters of South America (Boston, Massachusetts, 1851, Englisch)
Delle genti che si nutriscono d’argilla (Mailand, 1851, Italienisch)
Erdeessende Menschen (Hildburghausen; New York City, New York, 1853, Deutsch)
|166|

Delle genti che si nutriscono d’argilla:di alessandro de humboldt.

Dietro una tradizione molto sparsa lungo le costedi Cumana, della nuova Barcellona e di Caracas, chevisitarono i frati francescani della Guyana, reduci dalleloro missioni, esistono sulle rive dell’ Orenoco uo- |167| mini che si nutriscono di terra. Il 6 gingno 1800 ri-tornando dal Rio-Negro, e dopo di essere discesi intrentasei giorni il corso dell’Orenoco, noi abbiamopassato una giornata nella missione occupata dagli Otomachi che mangiano, infatti, terra. Il villaggio incui essi sono aggruppati si chiama la Concezione diUruana: esso è situato in luogo assai pittoresco, suroccie di granito da 7° 8′ 3″ di latitudine nord, e,come me ne sono assicurato per mezzo di determi-nazioni cronometriche, da 4° 38′ 38″ di longitudine oc-cidentale contando dal partire del meridiano di Pa-rigi. La terra che mangiano gli Otomachi è un’argillagrassa ed untuosa, vera argilla di vasajo; essa devead un pò di ossido di ferro un color di giallo grigio.Gli Otomachi ne vanno in cerca in banchi partico-lari sulle rive dell’Orenoco o di Meta, e la scelgonocon cura, giacchè qualunque specie di argilla non èloro sempre aggradevole, ed essi ne distinguono be-nissimo al gusto le diverse qualità. Essi frantumanoquesta terra in pallotte da 11 a 16 centimetri di dia-metro, e la fanno cuocere esternamente ad un fuoconon molto ardente sino a tanto che la superficie di-venga rossa. Prima di mangiarla essi la umettano dinuovo. Gli Indiani sono la maggior parte uomini sel-vaggi che hanno in avversione la cultura. Esiste inproprio onore un proverbio sparso sino nelle popola-zioni che abitano le spiaggie le più lontane dell’Ore-noco; a proposito di uo mangiare molto sporco, siusa dire: “Ciò è tanto disgustoso che un Otomacola mangierebbe”. |168| Sino a tanto che le aque dell’Orenoco e di Metasono basse, questi nomini vivono di pesci e di tarta-rughe. Essi aspettano che i pesci appaiano sulla su-perficie dell’aqua e li uccidono a colpi di piuoli. Que-sta caccia o questa pesca ci ha sovente fornita oc-casione di ammirare la destrezza degli Indiani. Essacessa alle epoche periodiche in cui i fiumi straripa-no; giacchè è altrettanto difficile di pescare in que-ste aque profonde, come in mezzo all’Oceano. È inquesti intervalli, che durano due o tre mesi, che gliOtomachi divorano quantità enorme di terra. Noi neabbiamo trovato nelle loro capanne delle provvisioniconsiderevoli. Le pallottole di terra erano superpostein forma di piramidi. Una persona di molta intelligenza, nativa di Ma-drid, che passò dodici anni fra questi Indiani, assi-cura che ciascuno di essi consuma in un giorno trequarti o quattro quinti di un mezzo chilogrammo diterra. Gli Otomachi stessi assicurano che questa terraè, all’epoca delle pioggie, il loro principale nutrimen-to. Di tempo in tempo però quando possono procu-rarsi una lucertola, un piccolo pesce od una radicedi felce se la mangiano. Ma la terra argillosa ha unatale attrativa per essi che, anche nei tempi asciutti,ed allorchè la carne di pesce basta al lor nutrimento,essi mangiano ogni giorno, come in regalo, un pò diterra dopo il pranzo, Questi uomini sono di colore di rame oscuro, iloro lineamenti disaggradevoli richiamano quelli deiTartari; essi sono grassi senza obesità. Il frate del-l’ordine di S. Francesco che vive fra di essi come |169| missionario ci assicurò che non avea notato nessuncangiamento nella loro economia generale durante iltempo in cui si nutriscono di terra. Cosi, per riassumere semplicemente i fatti qualisono, vi sono degli Indiani che mangiano una granquantità di terra argillosa senza compromettere lapropria salute, e che considerano la terra come unasostanza nutriente, cioè che dopo di averne mangia-ta, essi si sentono saziati per lungo tempo. Essi at-tribuiscono questo soddisfacimento dei loro bisognialla terra argillosa, e non già al nutrimento meschinoche ponno procurarsi di tempo in tempo, indipenden-temente da questa sostanza. Se si interroga un Oto-maco sulle sue provvigioni d’inverno (si usa chia-mare inverno, nelle contrade brucianti dell’America del sud, la stagione delle pioggie) egli vi mostra laterra raccolta nella sua capanna. Ma questi fatti ricondotti per tal modo a tutta laloro semplicità non decidono per anco le dimandeseguenti: La terra argillosa può essa essere veramenteun alimento? È essa suscettibile di assimilarsi, op-pure non è essa che una zavorra nello stomaco? Serveessa a distendere le pareti, e dimiunisce essa forsela fame in tal modo? Questi sono altrettanti puntiche io non posso decidere. È da stupirsi come il padre Gumille, per quantosia d’altronde leggiera e debole la sua critica, negaassolutamente che gli Indiani mangino terra per essastessa. Egli assicura che i boli di terra sono mischiatiinteriormente con farina di formentone, di grascia dicoccodrillo; ma il missionario Fray Ramon Bueno ed |170| il fratello Fray Juan Gonzales, nostro amico e com-pagno di viaggio, che il mare ha inghiottito sulle co-ste d’Africa, con una parte delle nostre collezioni,ci hanno assicurati ambidue che gli Otomachi nonmischiano mai grasso di coccodrillo colla terra argil-losa. In quanto alla farina che si impasterebbe collaterra, noi non ne abbiamo mai inteso parlare a Urua-no. La terra che noi abbiamo trasportata, e che Vau-quelin ha chimicamente analizzata, è pura di ogni mi-stura. Gumille avrebbe quindi confusi fatti ben di-stinti, e fa d’uopo riportare ciò che egli dice allapreparazione del pane fatto colle fave allungate di unaspecie d’Inga. Egli è certo che si depone questofrutto nella terra, affine di sollecitarne la decompo-sizione. Ciò che mi meraviglia più di tutto è che untanto enorme consumo di terra non alteri la salute de-gli Otomachi. Avvien ciò forse perchè il loro stomaco siè avvezzato a tale cibo da gran numero di generazioni? In tutte le regioni dei tropici, gli uomini provanoil desiderio quasi irresistibile di mangiare terra, nongià terra alcalina, cioè terra calcarea che potrebbeneutralizzare un pò gli acidi dello stomaco, ma del-l’argilla grassa, e che esala un odore fortissimo. So-vente bisogna rinchiudere i fanciulli per trattenerlidal correre a mangiare della terra quando la pioggiaè di fresco caduta. Io vidi con stupore le donne in-diane che fanno delle pentole di terra nel villaggiodi Banco, sulle rive del Rio-Maddelena, portare, lavo-rando, dei grossi pezzi di terra alla loro bocca. Gilij fa la stessa osservazione (1).
(1) Saggio di storia americana, Tom. II, pag. 311.
|171| Anche i lupi mangiano terra nell’inverno, e parti-colarmente terra argillosa. Sarebbe importantissimodi analizzare gli escrementi degli uomini e degli ani-mali che fanno uso di questo cibo. Eccetto gli Oto-machi, tutti gli individui che nelle altre popolazioni siabbandonano a questa singolare inclinazione ne risen-tono per lungo tempo i perniciosi effetti. Nella mis-sione di San-Boria noi abbiamo visto il fanciullo diuna indiana che, dietro ciò che sua madre ci ha det-to, non voleva assolutamente altro cibo che terra;egli era già magro come uno scheletro. Perchè nelle zone temperate o fredde, questo in-sano gusto è egli tanto raro e limitato a fanciulli oda donne incinte, nel mentre che è generale nelle re-gioni tropiche di tutti i continenti? In Ghinea i ne-gri mangiano una terra giallastra che essi chiamano caouac. Condotti schiavi nelle Indie orientali, essi necercano di simile, ed assicurano che nella loro patria,non erano affatto incomodati. Il caouac delle isoleamericane ha invece sulla salute degli schiavi unafunestissima influenza. Se ne è pure per lungo tempoproibito l’uso nelle Antille; ciò che non impediva chenel 1751, nella Martinica, se ne vendesse in secreto,sul mercato, un tufo di un rosso giallastro. “I ne-gri di Ghinea dicono che nel loro paese essi man-giano abitualmente una certa terra di cui il saporeloro piace senza esserne molestati. Per quelli chenell’abuso del mangiar caouac, ne divennero moltoghiotti non v’ha castigo che possa impedir loro didivorare questa terra“ (1).
(1) Thibault de Chauvalon, Voyage à la Martinique, p. 85.
|172| Nell’isola di Java, fra Saurabaya e Samarang, La-billardiere ha veduto vendere in alcuni villaggi pic-cole focacce rosse e quadrate che i naturalisti chia-mano tanah-ampo; tanah nella lingua de’ malesi e ja-vanesi significa terra. Osservando più davvicino, egliriconobbe che queste focacce erano composte di unaargilla rossastra e destinata ad essere mangiata (1). Siha recentemente nel 1847 mandato da Monaco a Ber-lino dell’argilla di Samarang, rotolata sopra sè stessain tubi simili a quelli della cannella, per esservi ana-lizzata da Ehrenberg. È un composto di aqua dolcedeposta sopra strati di calcare terziaria e compostad’infusorii poligastrici (Gallionelle Novicula) e di fito-litarie (2). Gli abitanti della nuova Scozia mangiano per cal-mare la loro fame dei pezzi grossi come il pugno disteatite friabile, nella quale Vauquelin trovò ancheuna parte molto cousiderevole di rame (3). A Popayan e in parecchie parti del Perù si esponein vendita nel mezzo delle strade della terra calcareche serve d’alimento agli indiani. Si mischia a que-sta calce, per mangiarla, del coca, cioè delle fogliedi Erythroxylon peruvianum. Noi troviamo parimentil’abitudine di mangiare terra diffusa nelle razze umanein possesso delle più belle e più fertili contrade delmondo. Cosi pure alle regioni del nord, all’estremità
(1) Voyage à la recherche de la Pérouse, Tom. XI, p. 322.(2) Bericht über die Verhandlungen der Academie der Wis-senschaften zu Berlin 1848, p. 222, 225.(3) Voyage à la recherche de la Pérouse, Tom. II, p. 205.
|173| della Svezia dietro la comunicazione di Berzelius edi Retzius gli abitanti della campagna mangiano ognianno, a guisa di pane, gli uni per ghiottoneria, e comesi fuma tabacco, gli altri per necessità, della quantitàdi terra estratta dai depositi d’ infusorii che si puòvalutare a parecchie centinaja di carri.
In alcune parti della Finlandia si mischia questastessa terra al pane. Essa è formata di involuori dianimali così piccoli, e così poco consistenti, che nonsi sentono avvicinando i denti gli uni contro gli al-tri, e riempiono lo stomaco senza nutrirlo. Le cronache ed i documenti conservati negli archivimenzionano sovente dell’uso fatto in tempo di guerradella terra degli infusorii sotto il nome vago e ge-nerale di farina di montagna. Questo bisogno si pre-sentò durante la guerra de’ 30 anni in Pomeraniapresso de Camin, nel paese di Kausits presso Mus-kau, in quello di Dessau presso Klieken, e più tardinel 1719 e 1733 nella fortezza di Wittenberg (1).(Journal d’Agric. pratique, etc., par Bixio; fevrier 1851) (2).

(1) Ehrenberg, Ueber das Unsichtbar-wirkend organische Le-ben. 1842, p. 41,(2) Abbiamo riportato quest’ articolo del celebre Humboldt non come atto a dare una peregrina notizia, che tutti i libri difisiologia citano il fatto degli stomachi mangiatori di terra, el’altro dei tupi che parimenti furono visti ingollare terra, macome una piuttosto circostanziata narrazione del fatto, cherende assai debole e insufficiente la spiegazione che ne diederofin qui gli autori. A quanto sembra, per spieciarsene presto, e
|174| |175|

consigliarsi a vincere certe condizioni irritative del ventricoloe delle intestina che gli ammalati presentano soprattutto nel-l’ estate, ad imitazione delle malattie tropicali, oppure nellefami morbose e nelle bulimie; perchè non si potranno darele emulsioni di silice e di allumina gelatinose, anche separa-tamente, or che già l’esperienza di intiere popolazioni ha di-mostrata l’argilla tollerabile dalle vie digerenti anche a grandidosi? Gio. Polli.